Nel Rinascimento, Paestum era solo un vago ricordo, citata da pochi letterati che descrissero quel che vedevano dell’antica città.
E mentre nel Seicento il sito riprese a vivere con un piccolo insediamento attorno alla chiesa dell’Annunziata, fu nella metà del Settecento che avvenne la vera riscoperta grazie – si dice – a dei disegni eseguiti dal conte Felice Gazola che giunsero a Parigi e furono prontamente pubblicati.
A Paestum i viaggiatori del Grand Tour avevano la possibilità di ammirare la grecità senza recarsi in Grecia, e così sui suoi templi si costruì una nuova stagione degli studi classici. Visitando l’area nel 1758, Winkelmann elaborò la sua teoria sull’arte greca; vent’anni dopo Giovanni Battista Piranesi ne fece il soggetto di superbe tavole; nel 1787, Johann Wolfgang Goethe credette di riconoscere nei templi dorici la perfezione dell’arte classica.
Nel 1829 l’ingegner Raffaele Petrilli fece aprire due brecce nelle mura antiche per far transitare la strada Tirrena inferiore (poi Statale 18) proprio accanto ai templi, e far sì che chiunque dalla carrozza li potesse ammirare. Fu rinviato a giudizio per questa sua improvvida decisione, ma la strada è ancora lì. E dal 1883 i visitatori cominciarono a giungere a Paestum anche in treno con la nuovissima ferrovia Tirrenica meridionale. Paestum è diventata dunque una grande meta turistica.