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Il Novecento

A Paestum non si intrapresero scavi archeologici sistematici fino ai primi anni del Novecento: solo allora infatti il direttore Vittorio Spinazzola decise di sottrarre i templi al loro isolamento e studiare la città. Portò così alla luce le strade principali e buona parte del Santuario meridionale.

Nel Ventennio fascista gli scavi, tesi a riscoprire le gloriose vestigia della romanità, si concentrarono sul Foro e sul Tempio della Pace. Le testimonianze del periodo greco interessavano poco all’epoca, e pur tuttavia la più grande scoperta di quegli anni riguardò proprio la grecità: il 9 aprile 1934, gli archeologi Paola Zancani Montuoro e Umberto Zanotti Bianco annunciarono la scoperta del Santuario di Hera alla foce del Sele con le sue spettacolari metope.

Le loro ricerche erano state finanziate dalla Società Magna Grecia fondata da Zanotti Bianco, e continuarono poi per diversi anni nonostante l’ostilità del regime. Inoltre l’importanza della scoperta fu tale, che l’allora soprintendente Amedeo Maiuri non esitò a commissionare il progetto di un nuovo museo per ospitare degnamente le metope. L’edificio fu però realizzato solo dopo la guerra e inaugurato nel 1952.

La guerra aveva ovviamente arrestato ogni attività, ma anche in quegli anni Paestum regalò una bella sorpresa. Sbarcati a Salerno nel 1943, gli Alleati decisero di realizzare una pista per gli aerei nella località Spina-Gaudo, poco a nord della città, e le loro pale meccaniche rivelarono l’esistenza della famosa necropoli del III millennio a.C. Ovviamente la pista non si fece più.

Nel dopoguerra, l’attenzione dei soprintendenti Pellegrino Claudio Sestieri e Mario Napoli si concentrò soprattutto sulle numerose necropoli fuori città. Il dilagare del fenomeno degli scavi clandestini rendeva infatti necessaria una loro indagine sistematica, che portò per la prima volta a recuperare le tombe nella loro interezza, conservando non solo i corredi ma anche le lastre dipinte. Questa grande stagione di scavi fu resa possibile dai finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno, volti a contrastare la disoccupazione e a incrementare il turismo nel Sud grazie alle scoperte archeologiche. Colpirono nel segno: tra le tante tombe allora portate alla luce c’è anche la più celebre, quella che a tutt’oggi affascina a fa discutere: la tomba del Tuffatore, scoperta da Mario Napoli nel 1968.

Negli ultimi decenni del secolo l’interesse degli studiosi si è rivolto principalmente a indagare l’organizzazione della città e del territorio nella loro globalità. La prospettiva di “storia sociale” ha portato a concentrare l’attenzione sull’evoluzione urbanistica della città, i suoi rapporti col territorio circostante, la vita degli abitanti in città e fuori, e soprattutto la loro economia. E proprio a chiusura del secolo, nel 1998, la città antica di Paestum, assieme a Velia, la Certosa di Padula e il Cilento tutto, è stata iscritta nella Lista del patrimonio mondiale Unesco.