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ANNA FERRARA, cooperante sulla disabilità/Consulente alla pari dell’Osservatorio Cittadino sulla Condizione delle Persone con Disabilità del Comune di Cava de’Tirreni (SA)

Il Parco Archeologico di Paestum e il Museo attiguo sono da sempre una rinomata meta di turisti, curiosi, storici dell’arte, amanti del bello. Nel corso della mia vita, ci sarò andata almeno una decina di volte, ed ogni volta è stata un’esperienza “mistica” perché, ogni volta, aggiungi un particolare che non hai precedentemente notato, quasi a definire con meticolosa precisione, quel quadro maestoso che è l’intera area archeologica. Negli ultimi 10 anni, soprattutto con l’arrivo del direttore G. Zuchtriegel, ci sono stati notevoli cambiamenti e miglioramenti, innanzitutto sull’accessibilità, che ha garantito alle persone disabili, come me, di visitare con minor disagio, il Parco e di girare per il Museo in assoluta libertà, godendo appieno di tutto quello che esso custodisce. Tra le visite più entusiasmanti al Parco Archeologico c’è sicuramente quella di un comunissimo martedì di fine estate. Martedì, 29 agosto 2017 io, insieme al mio compagno Stefano, e con altri ragazzi con cui stavamo facendo una vacanza, ci recammo ai Templi, per una visita guidata sul percorso accessibile, con il dott. Marco Vasile, all’ora referente dell’Ufficio Didattico del Parco Archeologico, e nonostante per alcuni di noi, il sito archeologico fosse già conosciuto, fu bello approfondire il discorso con domande ed interventi di studenti universitari di lettere. Entusiasmante fu poi il pomeriggio al Deposito del Museo Archeologico, con la guida dott.ssa Mariajosé Luongo e il Restauratore Pietro Stasi, all’interno del quale vedemmo le lastre tombali risalenti al IV° sec. a. c. e suppellettili ritrovati nelle sepolture. Fu un privilegio per noi effettuare quella visita, e ancor di più, entrare nel Laboratorio di Restauro. Esaustivo fu l’ingresso al Museo, immancabile la tappa presso la Tomba del Tuffatore e poi, alla fine, visitammo la Mostra temporanea “Ritorno al Cilento”, un incontro tra sacro e profano, dove i simboli del prima e dopo si mescolavano e le varie epoche s’incontravano. Questa visita mi è rimasta nel cuore più delle altre, certo per quello che vedemmo, ma soprattutto per l’empatia che si creò con il personale del Museo; da allora, Mariajosè, Marco e Pietro sono stati per me amici, interlocutori, persone con le quali confrontarsi, raccontarsi; al di là della visita guidata, fu un incontro dinamico, non statico, che ancora oggi ricordo chiaramente. Secondo il mio personalissimo parere, questo è l’aspetto più inclusivo che una struttura museale può avere, e risiede tutto nell’esperienza, nella comunicazione efficace, nella professionalità degli addetti ai lavori, che seppero instaurare (anche se per un giorno solo) un rapporto, una relazione, senza sovrastrutture, trattandoci da persone, considerando la Disabilità, davvero un aggettivo. Per me, questa è accessibilità! Purtroppo, ancora oggi, quando una persona con disabilità, visita un Museo o qualsiasi altro luogo di cultura, divulgazione scientifica, arte, storia, le guide si interfacciano con gli accompagnatori o con chi ai loro occhi sembra “normodotato”, quasi come se le persone con disabilità non possano essere in grado di capire o semplicemente scolarizzate abbastanza. Per non incrociare i nostri sguardi, pieni di interrogativi, essi abbassano lo sguardo o guardano in alto, o altrove… Invece io mi ricordo che Mariajosè, Pietro e Marco ci guardarono negli occhi e ci fecero sentire “normali”! Per me questa è inclusione!!!