Il “Cavallo di sabbia” di Mimmo Paladino
Posizionato nello spazio tra il tempio di Hera e quello di Nettuno, nel santuario meridionale di Paestum, il “Cavallo di sabbia” di Mimmo Paladino, una scultura coperta di sabbia alta circa 4 metri, può sembrare come un’intrusione “fuori luogo” in un sito archeologico. Ma la scultura, esposta qui dal 11 luglio 2019 grazie a un accordo stipulato tra il Parco Archeologico di Paestum e il Museo dei Materiali Minimi d’Arte Contemporanea (MMMAC), in realtà offre molteplici spunti per riflettere sull’architettura, sulla ritualità e sulla mitologia antica e su che cosa tutto ciò ci può dire oggi.
Il cavallo di Paladino, realizzata nel 1999, è fatto di sabbia che viene dalle spiagge di Paestum. Prima che diventasse Paestum, la città si chiamava Poseidonia, da Poseidone, il dio del mare. Ma Poseidone è anche il signore dei cavalli.
È il padre del cavallo alato Pegaso, partorito dalla terribile Medusa. Come ha osservato Erika Simon, i cavalli di Poseidone non sono necessariamente addomesticati, ma in origine sono selvaggi e potenti al pari del mitico Pegaso (Die Götter der Griechen, Hirmer, 1969, pp. 70-71).
Simboleggiano dunque una forza naturale e primordiale, ma anche un’utilità che l’uomo ne può trarre. La stessa ambiguità caratterizza il rapporto tra Poseidone e il mare. Il mare è una fonte di ricchezza, ma anche un pericolo mortale, come sa bene Ulisse perseguitato dal dio del mare per dieci anni prima di tornare alla sua Itaca.
Poseidone, dunque, rappresenta le forze naturali nella loro ambiguità tra minaccia e beneficio, tra calamità e sfruttamento. E ciò ci riporta alla storia di Poseidonia, anzi, ci apre una prospettiva su una possibile spiegazione del nome della città. Perché Paestum in origine è la città di Poseidone?
Forse perché sin dalla sua fondazione gli abitanti, giunti qua via mare, combattevano con l’acqua: dobbiamo immaginare che nel momento dell’arrivo dei coloni greci in queste terre, intorno al 600 a.C., il sito della futura città di Poseidonia era circondato da paludi, corsi d’acqua (ancora oggi il Capodifiume costeggia le antiche mura), lagune.
Il mare era più vicino. Inoltre, il sito si trova in una zona di alto rischio sismico – non solo le acque scorrono, persino la terra si muove! E chi la muove, se non lo “scuotitore della terra”, come Poseidone veniva chiamato già da Omero?
Contro questo ambiente fluido e umido, i Greci hanno eretto delle costruzioni estremamente solide: i templi, ma anche le tombe a cassa, fatte di grandi lastre di travertino, come quella del Tuffatore.
Recenti scavi hanno dimostrato che anche le case private della colonia di Poseidone potevano raggiungere una notevole monumentalità. La storia di Poseidonia si spiega sullo sfondo della duplice natura del dio che ha dato il nome alla città: l’acqua, il mare erano percepiti come una risorsa e come la base della connettività mediterranea, ma anche come una minaccia continua.
E il cavallo poteva essere quello selvaggio, assimilabile ai centauri incattiviti che vediamo combattere contro Eracle sulle metope dal santuario di Hera sulla foce del Sele, ma anche quello addomesticato su cui i cavalieri di Poseidonia andarono in guerra e i cui effigi erano allestite nei santuari della città – più o meno nello stesso luogo in cui è stata posizionata la scultura di Paladino.