LA “BASILICA”: IL TEMPIO PIU’ ANTICO
Il tempio di Hera, c.d. Basilica, è il più antico dei tre grandi edifici, appartiene alla prima generazione dei grandi templi in pietra, iniziato intorno al 560 a.C.
Di questo periodo cruciale per la formazione dell’architettura greca, è l’unico tempio greco che si è conservato così bene.
Mancano i frontoni e l’impianto non è ancora quello canonico; la sala interna è divisa da una fila di colonne centrali, come accade nelle antiche architetture in legno. Questo ha fatto sì che per molto tempo la sua funzione non fosse chiara e, ancora oggi, viene chiamato “Basilica”, anche se è ormai provato che era un edificio di culto. Ritrovamenti di materiali e iscrizioni suggeriscono che potrebbe trattarsi del tempio di Hera, protettrice degli Achei e sposa di Zeus.
A giugno 2016 è stato realizzato un percorso sperimentale che ha abbattuto le barriere architettoniche consentendo a tutti di entrare nel tempio.
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L’architettura “dorica”
I tre grandi templi di Paestum sono costruiti secondo le regole dell’ordine dorico. I Greci conoscevano anche l’ordine ionico e quello corinzio.
Un tempio dorico si riconosce dai capitelli che coronano le colonne perché hanno una forma come grandi scodelle: più piatti sono più antico è il tempio. I capitelli della “Basilica” (ca. 550 a.C.) sono i più piatti, quelli del tempio di Atena (ca. 500 a.C.) un po’ meno, mentre quelli del tempio di Nettuno (ca. 460 a.C.) dimostrano la declinazione classica del dorico.
Tipico nell’ordine dorico è il fregio, posto nella parte sopra le colonne, articolato in pannelli scolpiti o dipinti (“metope”) ed elementi tripartiti che li separano (“triglifi”).
L’ordine ionico si riconosce dai capitelli con decorazione a spirale (“volute”), mentre l’ordine corinzio è caratterizzato da capitelli decorati con elementi floreali.
Le prime basiliche, di cui si ha notizia, sorsero a Roma in età repubblicana con funzioni di centro degli affari, luogo di riunioni pubbliche e di amministrazione della giustizia.
IL TEMPIO DI ATENA (“DI CERERE”)
È l’unico tempio di cui sappiamo con certezza a quale divinità fosse dedicato: Atena, la dea dell’artigianato e della guerra.
Posizionato sul punto più alto della città, a nord degli spazi pubblici, il tempio della dea protettrice e guerriera dominava l’area. Già la prima generazione di coloni costruì qui un piccolo edificio per la dea (c.d. “oikos”). Intorno al 500 a.C., si realizzò poi il monumentale tempio che si è conservato fino alla cornice del tetto. La parte interna (“cella”), che è elevata rispetto al colonnato circostante, era accessibile attraverso un’ampia anticamera (“pronaos”) decorata con colonne ioniche.
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Come funzionava un tempio greco?
A est del tempio di Atena (sul lato verso la strada moderna) si vede un enorme altare di pietra. Qui si sacrificavano animali nell’ambito di grandi feste per la dea, accompagnati da musica e rituali di vario tipo.
Le sacerdotesse e i sacerdoti erano cittadini che per un determinato periodo assumevano questa carica, non esisteva una casta sacerdotale.
Mentre il culto si svolgeva all’aperto intorno all’altare, il tempio era considerato la casa della divinità, rappresentata da una statua posizionata nella cella da dove “guardava” i sacrifici che avvenivano fuori.
IL TEMPIO “DI NETTUNO”
È il più grande tempio di Paestum e quello meglio conservato. Realizzato verso la metà del V sec. a.C., rappresenta la declinazione classica dell’architettura templare greca. Nello stesso periodo a Olimpia, in Grecia, si costruiva il grande tempio di Zeus, che però è conservato meno bene di questo.
Il tempio è costruito con enormi massi collegati tra di loro tramite semplici tasselli e senza malta: questa tecnica costruttiva ha consentito all’edificio di resistere a terremoti e altre calamità naturali.
Se oggi mancano, come nel caso degli altri templi, i muri del corpo interno (“cella”), ciò è dovuto al riutilizzo dei blocchi da parte degli abitanti del luogo nel medioevo e in età moderna.
La cella era divisa in tre navate da due alti colonnati a due piani che si possono ancora ammirare. Come nel caso degli altri templi, il tetto era sorretto da travi in legno (di cui si vedono ancora gli incassi) e decorato con materiale litico di travertino locale e di marmo importato dall’Egeo.
Nel Settecento, si presumeva che il tempio più grande della città dovesse essere quello di Poseidone-Nettuno, la divinità dalla quale la città greca prese il nome (Poseidonia).
Ma l’attribuzione a Nettuno è ancora dibattuta. Forse il tempio, frequentatissimo fino all’epoca imperiale, era dedicato alla divinità principale della città, Hera. Considerando che nelle vicinanze è stata trovata una statua in terracotta che rappresenta Zeus, un’altra ipotesi vuole che il tempio fosse dedicato al dio più importante per i Greci, sposo di Era e padre di Atena; un’altra ipotesi ancora lo vuole dedicato ad Apollo.
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IL DESTINO DEI TEMPLI DOPO L’ANTICHITÀ
I templi di Paestum furono trasformati da luoghi di culto greci e romani in luoghi di culto cristiano nella tarda antichità e nell’alto-medioevo.
Nel medioevo, quando la popolazione abbandonò il sito e si ritirò sulle montagne dell’interno, anche i templi furono abbandonati.
A partire dalla metà del Settecento, si assiste alla “riscoperta” dei templi grazie alle opere di artisti e viaggiatori che diffondono l’immagine decadente, ma nello stesso tempo imponente, dei templi. È evidente che nella zona si era a conoscenza da sempre della loro esistenza, perciò la “riscoperta”, in realtà, si riferisce al ritrovato interesse per l’architettura greca pre-classica.
All’epoca i templi di Paestum erano considerati le “architetture più antiche fuori l’Egitto”.
Giovanni Battista Piranesi, Veduta dell’interno del tempio di Nettuno a Paestum,1778, incisione