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L’archeologia come “strumento sociale che rende attuale la storia” racconta il dramma dell’immigrazione. Si intitola “Elea: La Rinascita”, ed è il cortometraggio diretto da Luigi Marmo e scritto da Luca Apolito. Un progetto artistico che si inserisce in un’importante mostra realizzata dai Parchi archeologici di Paestum e Velia, MiC, e cofinanziata dalla Regione Campania.

La mostra, in esposizione al Parco archeologico di Velia, ha trovato una sua estensione nel prodotto audiovisivo creato in collaborazione con Giffoni Film Festival e coprodotto da Unitalia. Il film, proiettato in anteprima a Giffoni, sarà a breve presentato ufficialmente al Parco archeologico di Paestum.

Il trailer del film è disponibile sul canale YouTube dei Parchi.

Tutto è nato da un’idea del direttore dei Parchi archeologici di Paestum e Velia, Tiziana D’Angelo che, in conferenza stampa, sottolinea la necessità di attualizzare il passato e le storie che emergono dalle campagne di scavo. “La storia di Elea e del suo popolo tocca temi complessi, quali emigrazione e conflitto bellico, e custodisce un messaggio potente e universale che abbiamo il dovere di comunicare, soprattutto ai giovani. Per farlo siamo partiti da quella notte, di cui ci parla Erodoto, in cui gli abitanti di Focea hanno dovuto scegliere tra la propria terra e la libertà, tra l’emigrazione e la schiavitù”. Nel corto si narra la nascita di Elea, colonia magno-greca fondata nella seconda metà del VI secolo a.C. sulle coste del Cilento da un gruppo di esuli Focei emigrati dalla Ionia per sfuggire alla pressione militare persiana. Una storia antica ma di pressante attualità, che il film racconta da una prospettiva inedita: la fuga di due fratelli, Teos e Thalia, che scappano nel cuore della notte da Focea.

La città è sotto assedio, sta per essere conquistata e distrutta. I loro genitori sono scomparsi, forse periti in battaglia, e li hanno lasciati soli con l’ordine di partire, di andare il più lontano possibile, di avventurarsi oltre il mare in cerca di una terra dove cominciare una vita nuova. La potenza narrativa si amplifica attraverso la scelta di Apolito di affidare il ruolo di protagonisti a coppie di attori che di volta in volta cambiano volti ed etnie. Diventano nigeriani, tunisini, italiani, palestinesi e ucraini a sottolineare quanto i drammi legati a guerre e carestie non riguardino solo una parte dell’umanità, ma possano accadere ovunque e a chiunque.

Una storia, questa, che non è mai finita” ha sottolineato Filippo Ungaro, portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati Italia. “L’ultimo rapporto parla di 120 milioni di persone – ha detto – due volte la popolazione dell’Italia, in fuga” è il dato che consegna alla stampa Ungaro, che pone l’accento sulla “narrazione tossica che si fa dell’immigrazione”. Tra le sequenze del film, il regista Marmo cita l’immagine potente di Aylan, il bimbo con la maglia rossa con la faccia nella sabbia ritrovato sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia, la stessa da cui era partito, scappando, poche ore prima. Un invito a non dimenticare le migliaia di vittime del mare. Alla conferenza stampa ha preso parte anche Orazio Cerino della direzione di Giffoni, che ha seguito da vicino il progetto in tutte le sue fasi.

Il fondatore del Giffoni Film Festival, Claudio Gubitosi, ha portato il suo saluto al direttore D’Angelo, ponendo l’accento sulla forza della partnership che ormai da tempo si è stabilita tra Giffoni ed i Parchi Archeologici di Paestum e Velia. In chiusura, il direttore D’Angelo lancia una nuova sfida: “Raccontare la storia, ancora misteriosa, del Tuffatore di Paestum dalla prospettiva delle nuove generazioni”.